Terrifier è una saga horror, più nello specifico del sottogenere slasher, che sta spopolando negli ultimi anni con grande apprezzamento da parte del pubblico ma meno della critica. Le origini di questa storia sono molto radicate: Art il Clown, nonché protagonista di tutta la saga, compare per la prima volta in The 9th Circle, un cortometraggio del 2008 diretto da Damien Leone, colui che sarà poi alla regia di tutti gli altri film della saga. Una serie di pellicole che vogliono puntare sull’estrema violenza diretta spesso alle donne. Sangue e misoginia, tematiche perfette per un’unica visione: quella maschile, eterosessuale e cisgender, come teorizzato da Linda Williams nel suo articolo sul BodiesCinema. Questo anche perché la saga si rifà ad un genere nato negli anni 70/80, non aggiungendo né una nuova lettura né un altro punto di vista come ci si aspetterebbe da un film del 2024.
Ma analizziamo con ordine questo fenomeno che sta prendendo piede. Art il Clown a livello visivo funziona molto bene grazie al suo look semplice e un make-up efficace. C’è però la necessità di prendere coscienza che questa saga sia solo puro intrattenimento.
L’INIZIO 2008 (THE 9TH CIRCLE)
Tutto parte, come detto, nel 2008 con “The 9th Circle”, un cortometraggio diretto da Damien Leone che sarà poi colui che dirigerà l’intera saga. La prima apparizione di Art è in questo corto di 11 minuti, che non ha una vera e propria trama, se non una vicenda di mera violenza verso le donne, e non solo. Il corto si apre in una sala d’attesa di una stazione dove una ragazza aspetta il treno la notte di Halloween. All’interno della stazione incontra tre persone: le prime due sono una coppia formata da una ragazza e un ragazzo che entrano ridendo e chiedendo una sigaretta, il duo si allontana quasi subito appena la ragazza risponde di non averne. La protagonista, dopo essere andata in bagno, esce e ritorna alla sua lettura ed è proprio in quel momento che vede Art. Il clown inizialmente le dà fastidio con una trombetta e poi si avvicina a lei porgendole un fiore finto da dove usciranno degli scarafaggi. A quel punto la ragazza si allontana ma Art le afferra un braccio e le inietta una droga, facendola svenire. Quando si risveglia, si accorge di essere in un tunnel insieme ad altre due ragazze.
Analizzando il cortometraggio possiamo notare come ci siano diversi errori; Art non risulta particolarmente spaventoso o inquietante, così come tutta la storia. La presentazione del personaggio del clown è repentina e quasi fulminea per lo spettatore, mancando di costruzione per renderlo il personaggio iconico che diventerà. Parliamo poi della spettacolarizzazione delle vittime, in questo caso dei corpi femminili; se la prima morte avviene per mano di una figura maschile armata di mannaia, le altre due morti sono intrise di misoginia. Fin da subito infatti le due donne non hanno possibilità di muoversi e sono in balia di questi demoni maschili, tra cui Satana, sottolineando il concetto di uomo che controlla il corpo femminile, mentre per quanto riguarda la protagonista il corto suggerisce essere stuprata con la successiva morte. In tutto questo la regia non prende una posizione e non condanna gli atti mostrati. È possibile che sia un prodotto figlio dei suoi anni? Che sia stato creato negli anni 2000, dove molti aspetti del femminismo non erano ancora compresi dalla società come lo sono oggi? Eppure negli stessi anni in cui uscì, vennero rilasciati al cinema titoli come come Jennifer’s Body (2009) una pellicola che mette in scena e critica il male gaze della società, Denti (2007) un film che tratta di ambientalismo e femminismo.
IL PRIMO TERRIFIER (2016)
Il primo film non ha una vera e propria trama solida, nonostante tenti di averla, e lo spettatore non fa altro che ripercorrere la scia di sangue lasciata da Art attraverso l’intervista di una sopravvissuta. Il film inizialmente prova a trattare argomenti sociali, come i mass media e lo sfruttamento del dolore dei sopravvissuti a tragedie solo per hype televisivo, tematiche che però saranno poi completamente abbandonate durante tutto il resto del film a favore della violenza gratuita e del torture porn.
Fin da subito all’interno del film vediamo una netta distinzione tra le vittime maschili e le vittime femminili e il trattamento che viene riservato ai corpi all’interno della pellicola; se le morti maschili sono sì efferate ma non scadono mai nel lato sessuale, quelle femminili sono torturate nei modi peggiori possibili. Il corpo delle donne all’interno del film viene utilizzato come strumento di piacere per lo spettatore, nulla di più. Questo lo si nota già dalla prima morte, quella di Dawn, l’amica di quella che sembra essere la final girl del film: viene spogliata e uccisa mentre è appesa a testa in giù con un seghetto che la taglia in modo perpendicolare. La finta protagonista viene fatta fuori con diversi colpi di pistola alla testa mentre tutta la prima parte diventa un tormento psicologico sul mostrarle la sua amica mentre muore. Per completezza di analisi bisognerebbe ricordare anche il fatto che una delle due sia bionda e l’altra mora, stabilendo quindi, di nuovo, la vecchia dicotomia, stantia e stereotipata, della dumb blond e della brainy brunette: la morte più atroce e “gratificante” per uno spettatore infatti è proprio quella della ragazza bionda. La terza morte è della donna che vive nel palazzo dove le due protagoniste entrano; il corpo della stessa ci viene mostrato amputato dei seni e con la calotta cranica aperta, che Art utilizzerà come parrucca per ingannare Vicky fingendosi donna, argomento che non porterà a nulla all’interno del film se non ad un momento shock totalmente fine a se stesso e senza ulteriori sviluppi.
Anche qui il corpo delle donne viene preso e utilizzato come strumento appagante per il pubblico. L’unica sopravvissuta alla carneficina è Vicky, dopo che Art le ha mangiato la faccia, e che poi sarà colei che rilascerà l’intervista di inizio film. Nell’anno di uscita di questo film si radicalizzava una nuova ondata femminista a tema horror; Terrifier è del 2016 e nel 2017 usciva Revenge di Coralie Fargeat e nel 2015 The Witch, entrambi film incentrati davvero sull’esperienza femminile.
IL SECONDO TERRIFIER (2022)
Dopo alcuni anni dal successo commerciale al botteghino ma non di critica, Art scompare momentaneamente dagli schermi fino a quando Leone non conclude la sceneggiatura del secondo capitolo nel 2019, mentre il film uscirà successivamente nel 2022. Ed è proprio questo secondo film che ha reso Art il Clown un meme di internet rendendo la saga celebre a molte più persone.
Rispetto al primo capitolo, questo ha una trama leggermente più solida, nonostante rimangano grandi dubbi sulla comparsa di personaggi. Qui si inserisce anche una final girl: Sienna, che sarà colei che riuscirà a sconfiggere temporaneamente Art il Clown. Non viene però spiegato il motivo per cui sia lei la chosen one o perché il padre scomparso di Sienna sia legato ad Art. Non mancano tuttavia sempre scene di tortura all’interno del film contro le donne in intimo o in vestiti succinti. Il problema principale rimane il modo in cui queste immagini vengono messe in scena. Il film ha inoltre una durata eccessiva per uno slasher, più di 2 ore, quando per regole cinematografiche questo genere solitamente dovrebbe occupare 90 minuti con tre atti molto chiari, puntando sulla tensione e sul fatto che tutta la vicenda deve avvenire in un tempo ristretto di una notte, come per esempio accade in X di Ti West.
Anche questo secondo film sfrutta nuovamente i corpi femminili denudandoli, mentre quelli maschili rimangono perfettamente coperti.
L’estrema sessualizzazione del corpo femminile è una costante all’interno del cinema horror, ma questo è stato poi rimodernato sotto nuovi punti di vista rispetto ai prodotti degli anni 70, ormai superati e non più appaganti per la pluralità spettatoriale odierna che non coinvolge solo gli uomini bianchi etero cis, che al tempo avrebbero potuto trarre godimento da ciò che veniva mostrato. Lo stesso anno del secondo film della saga, uscirono Men di Alex Garland, che riflette sulla pericolosità degli uomini per le donne e X di Ti West, un film che riprende il genere slasheranni 70 e lo rilegge in maniera innovativa.
IL TERZO TERRIFIER (2024)
Il terzo, e per ora ultimo, capitolo della saga è nei cinema dal 7 Novembre, con una precedente anteprima avvenuta nella notte di Halloween. Il film si svolge 5 anni dopo i fatti del secondo film e Art è pronto a tornare con più sangue ma con una trama dai molti buchi e sempre meno senso.
Sienna torna a casa per Natale dopo essere stata per 5 anni in una struttura ospedaliera, mentre il fratello Jonathan si trova alle superiori. Art invece è tornato e vuole vendetta. Il film si sviluppa nuovamente tra gli omicidi che Art fa ai danni di molte persone, includendo questa volta anche dei bambini.
In questo terzo capitolo il corpo delle donne viene nuovamente martoriato, con una violenza sempre maggiore, fin dal prologo, in particolare sul personaggio della madre: lei è quella che subisce di più, al contrario del figlio e del padre di cui sappiamo della morte solo per il rumore dei colpi d’accetta. Il film prosegue senza un vero e proprio senso logico, attraverso citazioni alla cieca a film slasher come Black Christmas o Venerdì 13.
Quando il film doveva essere rilasciato nelle sale è nata una polemica su come Art, questa volta, uccida anche bambini il giorno di Natale. Questo riflette molto la nostra società e come sia più accettato vedere donne svestite e uccise in modo violento all’interno di prodotti di finzione rispetto ai bambini, e come la visione misogina, involontaria all’interno della quotidianità, è molto più comune e non criticata. Tornando al paragone di film horror usciti nello stesso periodo ci sono questa volta The Substance e The First Omen/Immaculate del 2024, dove al centro si pone l’esperienza femminile nel mondo dell’intrattenimento e in quello clericale, concetti traumatizzanti e realistici.
IL FUTURO DI TERRIFIER
Il futuro di Art si prospetta sempre più roseo in fatto di film, si pensa già ad un quarto capitolo, dato il successo della saga, in particolare in fattore di guadagni e di pubblico. Le persone sembrano amare Art e il suo modo di uccidere. La sofferenza femminile è rappresentata come spettacolo e resa ancora più esplicita. I film trattano la nostra società e questa saga estrapola tutta una parte di essa, intrisa di misoginia, proiettandola sullo schermo senza una nuova lettura, come accade al contrario in The Substance o The First Omen. Finché la misoginia all’interno della nostra società sarà normalizzata avremo prodotti horror rivolti ad un target specifico.
Gli omicidi che vediamo non spaventano e non turbano perché, come società, siamo bombardati da immagini di veri bombardamenti o vere uccisioni da parte di intere popolazioni, come quella palestinese. Immagini che si confondono tra reale e finzione ed è proprio per questo che Terrifier non riesce a fare paura: la realtà ha superato la finzione. Se negli anni 70/80 era il contrario, e per questo film come “Non Aprite quella Porta” funzionavano, oggi Terrifier non si presta a molte letture e riporta solo una fotografia della società che si esalta per la morte di una donna da parte di un serial killer.