Uno dei primi insegnamenti che ci vengono impartiti fin dalla tenera età è il dover essere buoni e gentili nei confronti del prossimo: a scuola, in famiglia, nella società, il modo in cui ci relazioniamo agli altri definisce anche noi stessi. Sei una brava persona se tratti bene gli altri. Sei una cattiva persona se tratti male gli altri. Un mantra che abbiamo sentito ripetere in continuazione, come le tabelline da imparare a memoria alle elementari. Quello che però difficilmente viene spiegato in parallelo è il modo in cui dobbiamo definire noi stessi quando la persona che trattiamo male è proprio quella che vediamo davanti allo specchio ogni giorno.
La terza stagione di Heartstopper, la serie targata Netflix e adattamento della graphic novel di Alice Oseman, tenta di dare (e ci riesce perfettamente) un’interpretazione personale a questo complicatissimo concetto e di proporla in una chiave nuova e vincente ai giovani adulti e non solo.
Avevamo lasciato Charlie e Nick nella loro bolla d’amore, in cui tutto sembrava aver preso finalmente una piega rose e fiori per la coppia di innamorati; eppure l’impatto dei problemi di salute mentale di Charlie si scatenerà nelle vite dei due giovani che dovranno affrontare insieme una sfida importante: essere separati in un momento così fragile per loro. Ma non saranno soli in tutto questo: con l’aiuto del loro gruppo di amici, di una zia (di Nick) molto simpatica e disponibile, di una sorella (di Charlie) amorevole, entrambi sapranno come superare questo ostacolo all’apparenza più grande di loro e ad uscirne più uniti di prima.
Nonostante il successo delle prime due stagioni, si è letto spesso tra i giudizi su Heartstopper che fosse una serie troppo positiva e poco realista, un po’ cringe a tratti, che non rispecchiava (e rispettava) ciò che davvero è la vita degli adolescenti di oggi. Insomma, come se si volessero stigmatizzare tutti i presupposti alla base della graphic novel e farne una colpa se l’intento di Alice Oseman era proprio quello di dare gioia a chi leggeva la sua creazione.
Con questa terza stagione, però, Heartstopper non solo si riconferma un’adattamento in grado di saper parlare al pubblico (che sia giovane o meno non importa) con una sensibilità di cui pochi prodotti per young adult possono vantare, ma dimostra anche di non essere per niente la serie che avevano etichettato come frivola e ingenua. C’è il momento per sognare ma c’è anche il momento per soffrire. Ed è giusto che sia così. Heartstopper ci dice questo tra le righe, come scrive anche Nick nel suo diario personale: l’ora più buia arriva prima dell’alba. Un messaggio semplice che però deve essere ricordato a tutti quei giovani che, come Charlie, vogliono solo essere compresi nei loro problemi e che troppo spesso rimangono inascoltati.
Sebbene in questa stagione le nuvolette nere intorno ai personaggi - ovvero quei momenti di tensione nella mente dei protagonisti - siano di più rispetto alle foglioline che cadono, non mancano i momenti di tenerezza tra le varie coppie del gruppo: anche Elle e Tao porteranno la loro relazione ad un livello più maturo e consapevole, sfidando argomenti seri come la transfobia e la disforia di genere di cui Elle è ancora purtroppo vittima.
Tutto il gruppo, insieme a Charlie, dunque fronteggerà un viaggio sulla crescita personale: l’identità non binaria di Darcy, gli attacchi di panico di Tara, l’asessualità e l’aromanticità di Isaac, l’orientamento sessuale di Imogen, Nick e il suo senso di dovere nei confronti degli altri, ogni personaggio avrà modo di dare voce agli aspetti più delicati della propria persona dando l’opportunità ai giovani spettatori di essere rappresentati non solo nel lato positivo dell’adolescenza ma anche in quello più spaventoso.
Joe Locke e Kit Connor, ormai cresciuti insieme ai loro Charlie e Nick e maturati anche come attori, ora sono perfettamente in grado di tenere una scena drammatica con un coinvolgimento emotivo che lascia senza parole. Non c’è da stupirsi se Broadway e le major li abbiano adocchiati.
Dopo le prime due stagioni, si è dibattuto molto anche dell’aspetto sessuale in Heartstopper: è giusto o meno ometterlo? C’era chi affermava che fosse del tutto fuorviante all’interno di una serie del genere, e chi invece ha pensato che fosse surreale non introdurne l’importanza in una serie indirizzata a young adult. La risposta dell’adattamento è stata intelligente: questo lato è presente nella terza stagione ma esaminato in modo heartstoppiano. Fulmini, saette, scintille, a rappresentare il desiderio sessuale, niente scene di nudo eccessivo, il momento intimo raffigurato nel modo più semplice e romantico possibile.
Più di tutto, quello che la terza stagione di Heartstopper ci lascia come riflessione è una domanda importante: quanto siamo stati crudeli con noi stessi durante l’adolescenza? Ma insieme ci dà anche la risposta: perdoniamoci perché siamo abbastanza e non lo sappiamo.
Proprio oggi che è la Giornata della Salute Mentale ricordiamo che, nei momenti di bisogno, saper chiedere aiuto è sempre importante.